Gli oscuri frantumi di Charles Burns 2/4

Secondo frantume: Ri/viste

Nel 1981, sul terzo numero della rivista “Raw” ci sono due storielle di una pagina firmate Charles Burns. E quelle due storie ci dicono già tutto quello che dobbiamo sapere per entrare nell’assurdo universo dell’autore. Ci sono i dolori della crescita, le mutazioni delle carni, la difficoltà a capire il mondo. C’è anche Dog Boy, un ragazzone americano con un cuore di cane che puzza di Bulgakov.

DOG BOY

Di lì a poco, un altro dei personaggi topici di Burns farà la sua apparizione: Big Baby un grande bimbo che sente di storia del fumetto (un ragazzino abbastanza disadattato – un altro! – con un enorme testone calvo: ti ricorda qualcuno?). Burns, infatti, propone al mitico “Village Voice” una serie di vignette dal titolo Mutantis e, là in mezzo, si nota il capoccione tondo del bambinone. (Solo per pedanteria, le vignette vengono rifiutate dal “Village Voice” e finiscono su “The Rocket”, una free press di Seattle)

“Raw” è una rivista fortemente voluta da Françoise Mouly e da Art Spiegelman. Un modo per dichiarare al sistema del fumetto statunitense la possibilità di una forma del racconto per immagini, capace di allontanarsi tanto dai supereroi dei comic book mainstream quanto dai temi e dai segni brutti sporchi e cattivi dei comix underground. La rivista è diversa da tutto quello che la circonda, anche per il formato: enorme. Ed è enorme anche per la scelta degli autori pubblicati. Solo per fare qualche nome: Bazooka, Caran D’Ache, Giorgio Carpentieri, Drew Friedman, George Herriman, Ben Katchor, Kaz, Francis Masse, Winsor McCay, Jose Muñoz, Carlos Sampayo, art spiegelman, Joost Swarte, Jacques Tardi, Yoshiharu Tsuge…

RAW 3

Sul terzo numero appaiono i fumetti di due giovani autori appena uscita dallo stranissimo Evergreen State Collage: Charles Burns e Gary Panter. (Panter, in realtà, è già un designer da guardare con attenzione – è lo scenografo dello show televisivo Pee Wee’s Playhouse, ma questa è un’altra storia – ed ritenuto da Mouly e spiegelman così maturo da ottenere che il primo “Raw one-shot”, uscito nel 1982, raccolga il suo Jimbo, precedentemente apparso sulla fanzine punk “Slash”).

Noi italiani siamo fortunati, perché storiestrisce, una cooperativa di autori coordinata da Giancarlo Elfo Ascari e da Franco Serra, intercetta da subito questo fenomeno newyorchese e lo importa: Maus di art spiegelman viene pubblicato, in un formato identico all’originale, su “Linus” e i numeri di “Raw” – accompagnati da un bizzarro foglio ciclostilato con le traduzioni in italiano – si trovano con relativa facilità nelle librerie milanesi.

Componendo “Raw”, Mouly e Spiegelman mostrano nelle proprie scelte editoriali un’attenzione non comune verso il fumetto europeo. I due iniziano a frequentare assiduamente il vecchio continente: Mouly con la serenità di chi ritorna a casa, Spiegelman con il sottile senso di inferiorità che in quegli anni gli intellettuali statunitensi hanno nei confronti di quella che ai loro occhi – ingenui – appare come una culla di cultura e civiltà. Durante uno di questi soggiorni, una vacanza romana, li accompagna Charles Burns. Mentre cazzeggia allegramente per Roma, il nostro viene intercettato da Giorgio Carpinteri.

Chiunque abbia letto i fumetti che Carpinteri ha prodotto – principalmente negli anni Ottanta – per le riviste “Alter” e “Frigidaire” sa che questo autore è uno tra i più grandi che questo paese abbia mai espresso. Poi a un certo punto si è messo a fare altro (e anche questa è un’altra storia).

In quegli anni Carpinteri è immerso in un progetto italiano che cerca la commistione del fumetto tanto col racconto quanto con le altre forme del visivo. Il progetto di chiama Valvoline e, oltre a lui, giocano dentro e fuori quelle regole Lorenzo Mattotti, Igort, Jerry Kramsky e Daniele Brolli.

Affinità elettive e riconoscimento all’olfatto: Charles Burns viene subito arruolato tra le fila di Valvoline e si trasferisce con la moglie, per qualche anno, in Italia.

Gli italiani, gente fortunata, potranno leggere le sue storie, mentre vengono prodotte, sulle pagine di “Alter”.

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